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giovedì 12 dicembre 2013

If only for a Sec.

IF ONLY FOR A SECOND ...

http://www.utrend.tv/v/one-second/ 


Questo splendido video mi fa sorridere, commuovere ed anche ricordare...

Torno con la mente ad un progetto svolto di persona nell'Istituto di Psicosintesi durante il tirocinio di Psicologia clinica. Coordinatore e supervisore: il dott.re Felicioni.

Insieme all'aiuto e all'ascolto in ambito oncologico, questo percorso, come molti altri in quello splendido contesto, ci ha aperto un mondo ed è stato per me una esperienza forte, educativa e soprattutto meravigliosa, indimenticabile.

Ho scelto un percorso di carriera e formazione, sia ora che già in triennale, particolare.

Ma quante soddisfazioni riesce a dare ... la psicologia?

Ora con il percorso magistrale in qualità della vita lavorativa e psicologia del lavoro e delle organizzazioni mi ritrovo in qualcosa di diverso ma comunque fantastico, stimolante, pieno di nuove scoperte e rivelazioni: a stretto contatto con le aziende vediamo realtà macro nelle loro piccole sfumature, nei diversi elementi che le compongono, che le portano avanti, le migliorano...

Ma già la clinica aveva affascinato... pura, con l'intervento sulla persona, l'ascolto, le terapie di gruppo.

E quando il dott.re Felicioni propose un progetto che univa la FOTOGRAFIA (mio ambito di lavoro) alla PSICOLOGIA ... mi brillarono gli occhi e i risultati non tradirono le aspettative!

Partì un percorso di gruppo di mesi, tra foto, riflessioni, ricordi, confessioni...
Sono nate amicizie, sono progredite relazioni, si è costruita fiducia, ascolto, speranza.

Magari, in futuro, riusciremo davvero a fare la differenza!
A piccoli passi, con tanti sospiri, fatica, cadute.
Ma sempre rialzandoci e credendoci SEMPRE.

Perchè un percorso bello come questo, intenso come questo, UNICO come questo...
penso pochi fortunati riescano a trovarlo, farlo, portarlo a termine.
Io sono tra questi fortunati e cerco di valorizzarlo e ricordarlo ogni giorno, di non smettere mai di apprezzare: anche quando c'è un carico infinito di cose da portare avanti, progetti e richieste che si sovrappongono, si schiacciano, si susseguono senza un evidente termine a breve...
NE VALE SEMPRE LA PENA e solo questo conta.


E si torna alla riflessione iniziale, riflettendo su alcune piccole, importanti cose...

1. Prendetevi sempre un secondo in cui fermarsi, sorridere e pensare che, comunque, qualcosa per gioire c'è sempre e ce la potete fare!

2. Scegliete l'università, il percorso di studi o il lavoro che vi PIACE non qualcosa di imposto, non qualcosa che vi dà guadagno certo, ma non vi riempe l'anima.
Perchè i soldi sono fondamentali, certo, ma la noia uccide anche il migliore dei manager.
E farsi portar via l'entusiasmo è un vero peccato. La gioia, lo stupore... le capacità!
E l'arte (visto che spesso viene considerata pericolosa in senso di guadagno) può sempre essere mantenuta... come hobby, unita al proprio lavoro, curata come parentesi personale...
Pensateci, rinunciare a qualcosa di davvero importante non fa mai bene.
Scegliere il vostro futuro, sicuramente sì.

3. Respirate, a fondo, ascoltandovi. Sembra una cosa scema, ma quanto saremo di corsa, sempre?
Ormai un caffè si prende più come una medicina, che come un piacere. Tutto deve essere fatto il prima possibile, va tolto di mezzo prima di un altro impegno: No.
Prendetevi del tempo.
Ascoltatevi, ascoltate la natura, ascoltate.
Scontato? Mica tanto...

4. Non tutto è fondamentale, non tutto è urgente: attraverso l'esercizio del bicchiere e dei diversi sassolini provate a pensare cosa davvero è urgente qui ed ora.


  • Avete un bicchiere da riempire, i sassi grandi sono le questioni importanti, urgenti, da fare per prime. 
  • Poi ci sono dei piccoli sassolini, questioni comunque cruciali ma meno delle prime, meno urgenti. 
  • Poi, ancora, piccoli granelli di sabbia, che hanno meno priorità 
  • e infine dell'acqua... che è qualcosa di leggero, poco importante, può essere lasciato per ultimo.

Se riempite subito il bicchiere di acqua o di sabbia, il resto non entrerà più! o comunque farà fatica, andrà incastrato, forzato.
Se invece partite dai sassi, proseguite con i ciottolini che si inseriranno negli spazi giusti, la sabbia, che riempirà gli interstizi rimanenti ed infine l'acqua, a completamento del tutto, sarà più semplice, più naturale e porterà via il tempo necessario, nell'Ordine di esecuzione necessario e più giusto.

Anche per voi.

E tra i sassi grandi ci siete Voi, non dimenticatelo mai.
Non dimenticatevi mai rinunciando a troppo, sempre.

" La gente pensa che la cosa peggiore sia perdere una persona a cui si vuole bene. Si sbaglia.

La cosa peggiore è perdere se stessi mentre si vuole troppo bene a qualcuno, dimenticarsi che anche noi siamo importanti."


" Non è vero che abbiamo poco tempo: la verità é che ne perdiamo molto."

Seneca






mercoledì 4 dicembre 2013


- Alda Merini


  • Per noi che ci lamentiamo per qualche brufolo.
  • Che non possiamo uscire perchè "sono struccata, non posso farmi vedere così".
  • Per chi ancora non vede nella sua unicità qualcosa di tanto speciale.


Vorrei far riflettere.

Con un video, perchè ognuna di noi è splendida! e spesso ci vuole poco per capirlo...
e con un articolo del corriere: perchè ci lamentiamo di gelosie stupide, di ripicche, di frecciatine, di paranoie o "messaggi su WhatsApp visualizzati e senza risposta" ma c'è gente che si vede veramente la vita rovinata, che viene sfigurata per anche solo l'idea di un probabile tradimento.

E comunque riesce a sentirsi bella, ed è una splendida cosa...

Riesce a combattere con quella forza che solo le donne riescono a tirar fuori Nonostante tutto, dando valore a ciò che davvero conta: il loro cuore, e non il loro viso o qualcosa che è molto più di un semplice difetto e che è stato provocato e non richiesto o acquisito dalla nascita.

Qualcosa che va accettato, mostrato con coraggio e che non si può dimenticare. 
Che può essere affrontato. 
Stringendo i denti ed aprendo il cuore, fidandosi ancora e credendo in sè stesse.

- Gandhi

- K. Gibran


Video: http://www.youtube.com/watch?v=0ylwU-jZxhc
Articolo: http://www.corriere.it/cultura/12_agosto_26/citta-donne-senza-volto-ettore-mo_3d46fa50-ef45-11e1-a77a-6fc61f313bc3.shtml

La città delle donne senza volto

Bruciate con l'acido da mariti gelosi o fidanzati respinti Viaggio a Satkhira, il villaggio-ghetto del Bangladesh

DACCA (Bangladesh) - Neanche un mese e la sua amorevole zia aveva già pensato di lubrificarlo con qualche goccia di acido solforico e rispedirlo in paradiso. Motivo? La gelosia che la donna nutriva nei confronti della sorella (o cognata) per aver messo al mondo un maschietto, mentre a lei era toccata in sorte soltanto una bambina.
Cose che avvenivano e tuttora avvengono nel Bangladesh, uno dei più popolosi Paesi asiatici (140 milioni di abitanti), dove fin dalla più tenera età la condizione delle donne sembra essere tra le più ardue del mondo: condizione che non si esaurisce nel tumultuoso e affollato «girone» delle prostitute, indagato nel precedente reportage, ma riguarda tutti gli aspetti del vivere quotidiano.
Delitti e regolamenti di conti in questa remota contrada, chiusa fra India e Birmania e affacciata sul Golfo del Bengala, sono per lo più provocati da promesse di matrimonio non mantenute o da dispute su case, terreni e interessi economici di vario genere. Una specie di guerra locale, in cui si fa ricorso ad un'arma estremamente silenziosa ma letale: l'acido, appunto.
Che costa poco ed è abbondante: esso viene infatti usato ogni giorno per la produzione e lavorazione dei gioielli mentre fa inorridire il fatto che lo si sfrutti anche per deturpare il volto di tante donne. Secondo i dati dell'Acid Survivors Foundation, nell'ultimo decennio sarebbero state almeno 450 all'anno le vittime del disgustoso veleno spruzzato in faccia al gentil sesso. Tra queste la signorina Fozila, che anni or sono subì l'aggressione dell'ex fidanzato respinto e ne uscì col volto devastato: «Per cui da allora - ha ammesso senza rimpianti - non ho più osato guardarmi allo specchio».
Bangladesh, le donne sfigurate dall'acidoBangladesh, le donne sfigurate dall'acido    Bangladesh, le donne sfigurate dall'acido    Bangladesh, le donne sfigurate dall'acido    Bangladesh, le donne sfigurate dall'acido    Bangladesh, le donne sfigurate dall'acido
Prima di intraprendere il nuovo pellegrinaggio nei «distretti - urbani e rurali - del vizio» sono investito dalla parole di una ragazzina che, mettendo a rischio l'integrità della laringe mi grida: «Ho cominciato a prostituirmi a 11 anni e adesso ne ho 17. Tutta colpa di quella zoccola di mia mamma, che non ho mai perdonato, anche se adesso ha smesso di battere. Per me, ormai, non c'è più scampo. Finirò i miei giorni qui dentro. Ma fin che campo, i clienti li voglio giovani». E bocca di rosa si spiega meglio, aggiungendo, senza perfidia: «Per gli anziani come te non c'è posto nel mio letto».
Durante una visita al Dhaka Medical College and Hospital, l'ospedale maggiore della capitale, ci dà il benvenuto una paziente di 21 anni, Helena, sulla cui pelle, dopo un violento alterco col marito, la vampa bollente dell'acido ha lasciato una ragnatela indelebile di lividi e cicatrici. Al fratello che ogni settimana viene a trovarla chiediamo se intende fare denuncia. Neanche per sogno, è la risposta immediata ed è subito chiaro che non ha alcuna intenzione di fornire spiegazioni sul proprio comportamento: che è comunque del tutto simile a quello di migliaia di mariti, autorizzati per tradizione millenaria a infliggere punizioni corporali alle mogli troppo indipendenti e civettuole.
Il machismo, nel Bangladesh, ha connotati suoi propri: ma non sembra esservi dubbio che nel Paese la sottomissione delle donne, il loro status sociale, i doveri e le consuetudini cui devono attenersi per non violare la netta linea di demarcazione fra i due sessi abbiamo finito per trascinarle fatalmente verso il «girone» della schiavitù dove sono confinate a vita le inquiline dei bordelli. 
Asma Akhtar aveva 12 anni quando un ragazzo del suo villaggio le chiese di sposarlo: offerta drasticamente respinta dalla famiglia di lei, perché nella scala sociale lui era al di sotto di almeno un paio di gradini. E adesso, grazie alla punizione che ne è seguita, i lineamenti della sua incantevole adolescenza stanno aggrovigliati in una maschera buia, appena rischiarata dalla fioca luce dell'unico occhio rimasto incolume.
Stessa amara sorpresa per Monjla, 19 anni, che pure aveva fatto un «matrimonio d'amore» ma la notte di nozze non ci furono né baci né carezze da parte del marito: il quale invece - deluso dall'inconsistenza della sua dote - versò in faccia alla sposina una buona dose di acido. Era il dicembre dell'anno scorso, il Natale alle porte, Adeste fideles e via scampanando...
Quello degli attacchi al vetriolo continua ad essere un fenomeno allarmante e costituisce una grave minaccia per la popolazione del Bangladesh, anche se gli esperti segnalano un declino nel numero degli incidenti: che secondo un dato non proprio recente avrebbero coinvolto, nel periodo tra il maggio del '99 e il dicembre 2010, 2.433 persone, in maggioranza donne e bambini.
Ma bastano cinque ore di macchina, da Dacca, in direzione Sud per sbarcare a Satkhira, città che ospita una fitta comunità di gente sconvolta dal vetriolo: dove incontri donne grottescamente sfigurate, alcune completamente cieche che tendono la mano, altre sorde, altre ancora totalmente svanite, creature di un pianeta alieno. Il cui più giovane fantasma si chiama Sonali, anni 10: aveva appena 18 mesi ed era a letto con papà e mamma quando un energumeno le spruzzò l'acido in faccia spegnendole in un colpo tutti e due gli occhi. Ma ancora più cupa è la storia di una signora trentenne, completamente accecata dal marito, che però alla fine torna da lui come una pecorella smarrita, non essendoci alternative, per continuare a vivere, che la fame e l'accattonaggio. 
Le donne non hanno tuttavia voce in capitolo e tanto meno osano protestare, temendo altre misure punitive oltre quelle inflitte loro quotidianamente dalle istituzioni. Non deve quindi sorprendere se si arrabbiano quando qualcuno stupidamente insinua che a provocare l'intervento energico delle autorità sia stato il loro stesso comportamento, definito di volta in volta capriccioso, offensivo, se non addirittura indecente.
A chi obietta che si tratta di una vicenda datata, esplosa qualche tempo fa quando da Dacca filtrò la notizia di un gruppo di bambini ricoverati in ospedale con tremende ustioni sul corpo causate dall'acido solforico, rispondo che ha ragione. Ma devo aggiungere a malincuore che altri bambini sono ancora lì, adesso, in quegli stessi ospedali e sulle stesse rigide brandine in attesa della fine della sofferenza. Tra loro è adagiata una ragazza poco più che ventenne, indiana, vittima di un incidente sul lavoro: raccontano che il suo sari abbia preso fuoco e che in un attimo l'abbia avvolta in un sudario incandescente. Il volto è minuto e bianco mentre il petto ha il colore di una corteccia scorticata dal sole. Infermiere e medici danno per scontato che la poveretta non arriverà a domani.
Qualche giornale, riferendosi a Satkhira, l'ha definita «il museo delle sfigurate», ma appena ci metti piede ti rendi conto che la definizione è inadeguata: perché la città non è abitata da statue o mummie imbalsamate, ma da uno stuolo di ragazze cui i pretendenti del posto hanno spesso cambiato i connotati con l'acido. Faccende private in cui raramente interviene la legge. Indisturbati i proprietari delle grandi riserve di acido muriatico e il corollario di collaboratori grandi e piccoli che partecipano all'avventura. 
Il dottor Samanta Lal Sen, primario del Dhaka Medical College and Hospital, ricorda che agli inizi della sua carriera nell'ospedale «c'erano solo cinque o sei letti» e che gli interventi su gente afflitta da gravi ustioni «venivano affrontati e superati con grande difficoltà nell'unica sala operatoria». Aggiunge anche d'aver fatto venire dall'Italia e dalla Spagna chirurghi altamente specializzati: «Ma che io sappia - conclude - nessuno è mai riuscito a restituire la fisionomia originale a una donna o a un uomo quando i loro volti avessero subito oltraggi e alterazioni davvero spaventosi oltre che indelebili».
Deve passare un po' di tempo prima che si attutisca o addirittura scompaia il senso di amarezza e sconforto che colpisce chiunque appena mette piede in questo luogo dove il presente come il passato sono spesso scritti con caratteri funerei. Ma si può anche respirare una boccata d'aria buona quando vedi al lavoro la laboriosa compagnia di Action Aid, da sempre impegnata sullo sconnesso terreno della povertà, della fame e dei problemi sociali in ogni parte del globo, soprattutto nei continenti - come Asia, Africa e America Latina - dove l'affanno del vivere quotidiano è più intenso che altrove. 
«Siamo venuti qui - mi spiega Amiruzzaman, vecchio amico ed instancabile globetrotter fin nelle periferie più remote del Bangladesh, attualmente funzionario della grande organizzazione non governativa - per renderci conto, da vicino, delle condizioni delle donne in questo Paese, ritenute fra le più disperate del mondo. E credo tu abbia ragione quando dici che siamo di fronte all'immobilismo di un governo e di istituzioni che non hanno alcuna intenzione di ridimensionare il ruolo del maschio, che qui non ha una moglie ma ha una schiava, così come sono schiave le sue figlie e come lo saranno le sue nipoti e nipotine. Ha torto marcio chi ritiene che di fronte agli sproloqui di certi retori di periferia la situazione possa cambiare».
Non si può ignorare che siano stati apportati dei miglioramenti in un campo che è rimasto immobile per millenni: solo qualche anno fa sembrava impossibile che in queste remote regioni asiatiche una donna potesse accedere all'università o che il suo salario si equiparasse a quello del consorte fino all'ultimo centesimo e che spartisse con lui il potere decisionale. Non deve quindi sorprendere - annotano gli arguti maestri della filosofia spiccia - se la donna, non potendo avere né un lavoro né un impiego che le procurassero un sia pur minimo guadagno, abbia messo in commercio la sola cosa di cui disponeva: il proprio corpo.
Professione da allora altamente onorata dalle sex workers di Faridpur e Daulatdia e dalle cowgirl dell'isola di Bani Shanta che si tengono in forma con la pillola della mucca. Il tutto consumato in un grande amplesso umano-animale-rurale che dovrebbe assicurare la pace nel mondo.
 (modifica il 27 agosto 2012)© RIPRODUZIONE RISERVATA




Ancora voglia di lamentarvi 
o di non uscire perchè non avete sugli occhi il rimmel?